Arrivato al block di Viale Stelvio 66, nel cortile interno c’è una micro cittadina di artisti e di “addetti ai lavori”.
Lo Studio Maraniello ospita la personale di Mattia Barbieri e presenta cinque tracce di un circuito visivo che distingue come interprete la narrazione della pratica pittorica.
Nell’indagine messa in atto, la pittura narra di sé attraverso il racconto dell’artista, che rammenta il suo alter ego per mezzo dell’autoritratto. L’io sonda il suo fare esaminandosi allo specchio e generandosi in opera stessa.
Tango for the Shadow. Barbieri discorre con l’altro sé, lo crea prima, ci dialoga dopo: i tre autoritratti, posizionati in parete alla giusta altezza, consentono infatti una diretta relazione visiva con il pittore posto di fronte al quadro come ad uno specchio.
La ricerca tra diversi media (pittura, scultura e grafica digitale) incarnata dai ritratti, quanto nei due piccoli paesaggi, rileva uno spazio in cui la pittura si ibrida con il suo supporto, mutando l’opera in una tridimensionalità che integra l’ambiente circostante al lavoro visivo, come un’esclusiva struttura indivisibile. La scultura centrale, una palma fatta con il legno della pianta stessa; natura morta che fa cadere i suoi frutti, è anch’essa supporto pittorico e scultura allo stesso tempo. I “frutti maturi”, come li chiama Arrigoni nel testo presente in mostra, sono in terra sotto la pianta, sono riferimenti all’io artista e all’alter ego. Quasi degli arcani, sono gli oggetti rari caduti dal cielo ai nostri piedi dove, tra un pezzo di carta, un finto corallo di legno e un oggetto legnoso giallo, ritroviamo altri tre autoritratti; micro sculture.
Una mostra come una magica ballata; danza notturna, ma non è buio pesto, è solo nell’ombra. In fondo a quell’oscurità che ti coccola, che non ti fa paura.
Tutto illuminato da quel colore che come un ironico spasso, ti allontana da essa, The Shadow, dopo averla onorata.
Autoritratto con cappello di paglia; 2016.
Mattia Barbieri (Brescia 1986), è un artista di quella rara capacità, che oltre al fare manuale, si dedica ironicamente a trovare sempre nuove soluzioni verbali attraverso i giochi di parole. Il titolo della mostra ne è l’esempio. Barbieri introduce nell’opera d’arte, sin dall’inizio, un’analisi vigile sulla pratica pittorica o come lui stesso afferma, la “pittura sulla pittura”.
A mio avviso, il dialogo con la pittura che parla di sé attraverso il pittore, e viceversa, pratica molto usata dall’informale italiano ed in “un’azione performativa” anche dall’espressionismo astratto americano, è la cosa più difficile da poter esprimere e ri-creare, in un contesto contemporaneo dove si è saturi da ogni tipo di immagine di qualsiasi provenienza.
La bravura di Mattia è proprio il riuscire ad emergere dal kaos, con un gioco visivo dove lo spettatore si trova in un contenitore incantato, dove la scultura è una pittura e dove la pittura sembra un’immagine vettoriale; riesci a sentirne il dialogo, e come per magia, ti ritrovi nel bel mezzo di una danza senza regole.
Paul Cézanne diceva della pittura, ” C’è una logica colorata: il pittore non deve che obbedire a lei, mai alla logica della mente“.
In questo solo show avviene ciò: l’artista parla con se stesso a proposito di cosa dice la pittura, dei suoi suggerimenti e del formarsi attraverso il sé. Nessuna logica, solo pratica.
Michael Rotondi
MATTIA BARBIERI
TANGO FOR THE SHADOW
4 Maggio – 27 Maggio 2016
su appuntamento dal Lun. al Ven. (info: 3339825998)
STUDIO MARANIELLO , Viale Stelvio 66 – Milano
Nasce a Bari nel 1977. Nel 2003 a Firenze conclude gli studi in Pittura presso l’Accademia Di Belle Arti. Lavora come grafico progettando copertine di dischi ed inizia una carriera di docenza che si muove di pari passo con quella artistica.
Negli ultimi 10 anni ha esposto in spazi pubblici e privati in Italia ed al’estero ed è presente in svariate pubblicazioni.
Nel 2016 entra ufficialmente nel gruppo di artisti Wurmkos.
Oggi è Docente di Pittura all’Accademia di Belle Arti “Aldo Galli” di Como, IED. Vive e lavora a Milano.
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